GENOVA

di Roberto Mutti, Storico della fotografia

Il bisbiglio della storia

Siamo nel 1970 e, nel clima di grande fermento culturale che caratterizzava quegli anni in tutte le articolazioni della società, l’Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali dell’Emilia Romagna diede l’incarico a Paolo Monti di fotografare Bologna sapendo benissimo che, essendo la prima occasione per realizzare il censimento di un centro storico italiano, questa poteva trasformarsi in un modello da applicare ad altre realtà. Nessuno sembrava temere – come poi, in effetti, purtroppo successe – che sarebbe rimasto pressoché l’unico non essendocene a tutt’oggi uno simile per completezza e rigore né di Roma, né di Milano né di Venezia, città che per molte ragioni, una su tutte la mancanza di traffico automobilistico, ben si presta a un’indagine di questo tipo senza interventi complessi come quello dell’esperienza bolognese che aveva previsto addirittura la momentanea chiusura del centro al traffico. Pur non essendo mai stato un esponente della fotografia di architettura, Monti ne sposò completamente la filosofia e il metodo utilizzando alcune linee guida: la rapidità e la completezza delle riprese, il rispetto della verticalità degli edifici, la ricerca di molteplici punti di vista per rendere dinamico il risultato, l’attenzione rivolta sia all’insieme che ai particolari, infine l’idea di muoversi in soggettiva come un pedone che attraversa il centro storico della città. È un vero peccato che quell’esperienza sia rimasta sostanzialmente isolata nella sua diversità sia nei confronti dei modelli del passato (la monumentalità dei fratelli Alinari concentrata però solo sugli edifici di pregio o il rigore formale di un Giacomo Brogi) sia rispetto alle successive campagne promosse a partire dalla seconda metà degli anni Settanta dal Touring Club Italiano che puntavano a una documentazione più attenta però agli aspetti sociali. Il risultato è un vero e proprio dualismo estetico che ha finito per caratterizzare l’immagine di molte città italiane affidata per un verso alla classica tradizione documentaristica e per l’altra a una ricerca espressiva legata alla creatività dei singoli fotografi. 

Genova rappresenta un caso un po’ particolare perché è stata spesso nel mirino dei fotografi ma più come suggestivo sfondo di vicende umane (i travestiti della città vecchia ripresi da Lisetta Carmi) o sociali (il mondo del lavoro e in particolare quello dei portuali documentati da Uliano Lucas e Mario Dondero) più raramente come soggetto caratterizzato dalle audaci architetture del nuovo porto o della Sopraelevata riprese da Gabriele Basilico. È all’interno di questo quadro di riferimento che si muove Nicolò Quirico che, per la prima volta nel suo percorso creativo, ha deciso di indagare in profondità all’interno di una città con un lavoro capillare che non si ferma ai luoghi canonici a tutti noti, ma si muove nello spazio urbano sviscerandone lo spirito più profondo. La particolare tecnica di ripresa da lui utilizzata – quella di fotografare frammenti di realtà per ricomporli poi in un unico collage – gli ha permesso di ampliare la visione dando respiro ad immagini di luoghi che la sinuosità delle strade e dei carruggi in genere impedisce di riprendere nella loro interezza se non attraverso le inevitabili deformazioni degli obiettivi grandangolari. La notazione tecnica è in questo caso particolarmente importante per comprendere da dove si origina l’estetica che caratterizza le immagini di Quirico, la loro luminosità, la loro ampiezza fisica e metaforica di visione, la loro linearità formale. È così per la ripresa della centrale piazza di Soziglia di cui si conservano tutte le caratteristiche e, soprattutto, l’equilibrio dei volumi.  È così per il porto che viene però osservato da molteplici punti di vista: dall’alto in basso per esaltare i bracci del Grande Bigo protesi verso il cielo, dalla riva per guadare al mare assieme alle tre grandiose gru che fanno la guardia con posture da antichi guerrieri in ricordo dei trascorsi militari della Repubblica, dal mare verso la costa per osservare i container ordinatamente allineati evocandone così la complementare e contemporanea potenza commerciale. Spesso lo sguardo del fotografo si allarga per includere in un’unica visione la maestosità dei Palazzi del centro storico (San Giorgio, Ducale, la Borsa) la bellezza non solo cromatica di San Pietro in Banchi, la sorprendente signorilità del Chiostro di Sant’Andrea o il fascino austero di San Lorenzo protetta da quel leone in primo piano che ribadisce con la sua presenza l’appellativo di “Dominante” attribuito alla città. Guidato dallo stesso spirito, Nicolò Quirico cerca altri scorci con uno sguardo indagatore che parte da lontano – da un colonnato, una loggia, un arco – e ne inserisce in primo piano alcuni elementi così da creare una cornice capace di valorizzare i volumi architettonici dei soggetti ripresi. In queste fotografie si sente una forte dimensione teatrale: negli antichi muri che sotto l’intonaco cadente non riescono a nascondere una passata grandezza come nei giardini che immaginiamo silenziosi di Palazzo Bianco. Che il fotografo sia riuscito a stabilire una particolarissima sintonia con una città non facile ad aprirsi è testimoniato dalle riprese in interni: comincia a scattare nei cortili come se volesse avanzare con educata cautela e finisce per restituirci la ricchezza aristocratica di antichi saloni, dove gli affreschi dei soffitti si rispecchiano nelle fantasie delle decorazioni dei pavimenti. Ora non resta che avvicinarsi alle fotografie perché Nicolò Quirico ha ancora qualcosa con cui sorprenderci: le pagine di antichi libri usate come supporto su cui sono stampate le fotografie permettono di leggere, negli interstizi creati, parole antiche tutte da interpretare, frasi casualmente monche di cui sfugge anche il contesto, frammenti di discorsi di un passato chissà quanto lontano che sembrano il bisbiglio della storia. 

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GENOVA
Catalogo ITA/ENG, 96 pagine, testo critico di Roberto Mutti
2015

 

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Genova
Palazzo del Parco, Diano Marina, 2016

 

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Milano Il corpo e il luogo
Museo di arte moderna e contemporanea Castello di Masnago, Varese, 2016

 

MIA Fair

MIA Milan Image Art Fair, Milano, 2016

 

Opere

Stampe fotografiche su collage di pagine di libri d'epoca.

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